L’arte di Keith Haring
Keith Haring disse che “i bambini sanno qualcosa che la maggior parte della
gente ha dimenticato”. Una frase simbolo del suo amore per l’infanzia,
periodo in cui scoprì il disegno e il mondo dei cartoni animati.
La passione per l’arte gli fu trasmessa dal padre Allen, ingegnere e artista
non professionista, con il quale da bambino passava ore a disegnare.
Fu in particolar modo grazie ai cartoni animati di Walt Disney e Looney Tunes
che trovò l’ispirazione per creare i vivaci personaggi delle sue opere.
Riconosciuto tra i padri fondatori della street art, Keith Haring ha portato
il mondo del fumetto negli ambienti urbani, ha espresso le sue idee attraverso
l’arte e creato uno stile unico e inconfondibile. Il suo percorso artistico,
iniziato con la sua prima mostra importante al Pittsburgh Center for the Arts
nel 1978, ebbe una svolta a New York, dove Haring vi si trasferì durante l'anno.
Nella grande mela frequentò la School of Visual Art, dove conobbe gli artisti
Kenny Scharf e Jean-Michel Basquiat e si fece strada grazie ai suoi disegni
nelle stazioni della metropolitana e sui marciapiedi. Un universo creativo
sperimentale in cui dominano immagini ricorrenti: omini danzanti,
cani che abbaiano, dischi volanti, cuori, tv antropomorfe. La scelta di lasciare
le sue opere in luoghi attraversati da tutti derivava dalla convinzione
che queste dovessero raggiungere un pubblico ampio e diversificato
e non soltanto un’élite. “L'arte vive attraverso l'immaginazione delle persone
che la vedono. Senza quel contatto, non c'è arte”, ha dichiarato Haring
in un’intervista del 1984.
La vita newyorkese dell’artista si divideva tra la realizzazione delle
sue opere,che con il passare degli anni diventarono sempre più un
manifesto delle sue battaglie.
Un esempio è il celebre murales “Crack is Wack!” (1986) sul tema
della tossicodipendenza e le serate mondane in compagnia
di Andy Warhol e Basquiat.
Come molti artisti che amano sperimentare
nuove forme espressive, all’inizio della sua carriera non ottenne subito
il riconoscimento da parte della critica, né venne preso sul serio. Per lui
l’occasione per farsi conoscere dal grande pubblico arrivò nel 1982,
l’anno in cui oltre a partecipare alla rassegna d’arte “Documenta” e
alla “Biennale” di San Paulo, riscosse grande successo grazie alla
sua mostra nella galleria Tony Shafrazi.
Lo stile riconoscibile, semplice e accessibile delle sue creazioni artistiche lo
portarono in breve tempo a imporsi anche oltre i confini statunitensi. Negli anni
Ottanta riuscì a esporle all’interno di importanti istituzioni culturali e
i suoi murales comparivano ormai in diverse città europee, in Sud America e
in Australia. Il passaggio di Keith Haring in Italia è testimoniato dal
famoso murales “Tuttomondo”(1989), realizzato sulla facciata laterale
della chiesa Sant’Antonio abate a Pisa. L’opera, l’ultima creazione dell’artista,
composta da 30 figure dinamiche e concatenate tra loro, fu da lui stesso definita
il suo progetto più importante, un inno alla pace e all’armonia nel mondo.
Purtroppo altri due interventi di Haring a Roma sono stati cancellati per
un motivo decisamente singolare, ovvero per preservare il decoro cittadino.
Il primo murales, che si trovava sulla facciata laterale del Palazzo delle
Esposizioni, fu rimosso nel 1992 per decisione dell’allora sindaco della
città Franco Carraro, un gesto che suscitò scalpore fortemente criticato.
Nel 2001 fu invece Francesco Rutelli a decidere di eliminare l’intervento
di Haring realizzato sui pannelli trasparenti del ponte sul Tevere, in prossimità
del passaggio della metro A di Roma, per non impressionare i turisti giunti
nella Capitale per il Giubileo.
Ben consapevole che i murales avessero una vita più breve delle opere su tela,
Haring non rinunciò mai ai suoi interventi urbani. Nelle sue ultime opere il suo
estro creativo si fuse completamente con il suo impegno sociale a favore dei
diritti degli omosessuali e della lotta contro l’AIDS, di cui si ammalò e che
fu la causa della sua prematura scomparsa. Keith Haring scomparve il
16 febbraio del 1990 a soli 31 anni.
Il carattere personale, ironico e al contempo impegnato delle sue
opere e la sua capacità di raccontare tanto la gioia quanto l’orrore e la paura, lo
hanno reso negli anni un artista amatissimo e celebrato in tutto il mondo.
Un grazie speciale a Chiara d'Andrea per l'articolo su Haring e la street art.
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